«Chi sgarra rischia ripercussioni». Il direttore Laffranchini: «Pratiche non tollerabili»
LUGANO - Vietato parlare con gli agenti. È la regola numero uno. Infrangerla, può costare caro ai detenuti. Lo ha scoperto a sue spese Devis Frigerio, il 33enne di Lugano malmenato allo Stampino da tre compagni per avere “osato” rivolgersi alle guardie. Ma quante sono le norme non scritte in vigore nelle carceri ticinesi? Lo chiediamo a Marco*, che sta scontando una condanna a 4 anni per traffico di stupefacenti. «La regola più importante, che viene spiegata dai compagni a tutti i nuovi arrivati – conferma –, è che i problemi tra detenuti si risolvono tra detenuti, parlandone. Chiamatela omertà, se volete. Ma serve a evitare risse, ritorsioni e violenze».
Presentarsi - Regola numero due: i nuovi arrivati devono «anzitutto presentarsi, spiegare agli altri il motivo per cui sono qui» continua Marco. All'occorrenza, laddove possibile (solo allo Stampino) anche fornendo documenti scritti - sentenze, decreti - come prova. «Chi racconta balle, viene come minimo escluso dagli altri» aggiunge il detenuto.
Lo “scopino” - Regola numero tre: il detenuto addetto alle pulizie nelle celle – detto “scopino” – è un'autorità. Ha la precedenza nelle spartizioni di cibo «e lo stesso vale per i detenuti suoi amici».
I posti a tavola - Numero quattro: in mensa allo Stampino, i veterani siedono a capo tavola. «È il capotavola a decidere dove si siedono i nuovi arrivati». Numero cinque: i posti sono fissi, non si sgarra.
I reati sessuali - La regola numero sei è che «i detenuti per reati sessuali su minori non vanno salutati o avvicinati dagli altri, salvo poche eccezioni» continua Marco. «È così in tutte le carceri del mondo».
Questione di ruoli - In ogni prigione c'è un detenuto leader (il più forte, in genere). La regola numero sette: «Nessuno può rivolgersi al leader in modo irrispettoso». Dinamiche che, in gran parte, «sono incompatibili con il percorso di risocializzazione previsto dalla legge per i detenuti» commenta il direttore delle carceri del Cantone Stefano Laffranchini. «In quanto tali, vengono contrastate per quanto possibile dalla direzione».
«Non tolleriamo questi comportamenti» - Stefano Laffranchini, direttore delle strutture carcerarie ticinesi, è categorico. «I comportamenti contrari al percorso di risocializzazione che la legge impone ai detenuti vengono scoraggiati in tutti i modi all'interno del carcere» assicura. Per questo, aggiunge, «agiamo in modo discreto e con grande attenzione alle dinamiche sociali tra detenuti». Quanto a prevaricazioni e omertà Laffranchini non transige: «Non sono tollerate. I detenuti lo sanno».
* nome noto alla redazione